Ero molto curioso di provare quest’esperienza e sono rimasto soddisfatto. Si mette in scena un classico processo all’americana: giudice, procuratore, avvocato della difesa, imputato, testimoni.
Si presentano prove, si interrogano e controinterrogano i testimoni. Noi siamo i giurati, in una sala cinema tutta sold out (circa 200 posti) armati di paletta, verde e rossa, per votare.
La durata è di 70-80 minuti, gli attori sono stati molto bravi, su tutti il ragazzo che impersonava il procuratore. I biglietti hanno tre fasce di prezzo, zone A-B-C. La sala ha 15 file, 5 per zona. La zona A costa 33€, 26€ la B, la C 19€.
Chi prima arriva meglio alloggia, quindi se siete gli ultimi ad arrivare in zona A sarete in quinta fila, se siete i primi ad arrivare in zona B sarete in sesta fila. Questo meccanismo (oltre al costo, che trovo in ogni caso eccessivo, anche in zona C) pesa un po’ sulla valutazione finale.
Le mie sensazioni, terminata l’esperienza, erano contrastanti: da appassionato di thriller e giochi investigativi, mi sarei aspettato una spiegazione finale. Non ero soddisfatto: il verdetto era stato emesso, ma l’imputato era davvero innocente? Era davvero colpevole?
Avrei voluto un chiarimento finale, alla Agatha Christie: “bravi giurati, avete votato bene perché…” oppure “vi è sfuggita questa prova, avreste dovuto farci caso!”. Invece no. Verdetto, saluti, applausi.
Ma, pensandoci, è proprio così: un giurato in America non sa quale sia la verità. Va a dormire con il mio stesso stato d’animo di ieri sera: “sono sicuro di aver fatto la scelta giusta?”.
Perciò non posso che dire che la “Jury Experience” è stata centrata in pieno.